Eccomi qua, dopo una lunga attesa vi presento l’argomento di oggi (ohhh rullo di tamburi!!): “Le esperienze di vita di Asya, episodio: Kiev e il mondo della danza”.
Premessa fondamentale: essendo stata un’esperienza “particolare”, gli argomenti trattati potrebbero essere un po’ delicati, quindi: articolo dedicato solo ai più coraggiosi.
Allora, sono partita per Kiev a fine agosto del 2015.
Il programma doveva essere: raggiungere Firenze con un regionale e arrivare a Roma con una freccia, dove mi sarei ritrovata con la mia amica Alice (viveva già a Kiev), 2 giorni dopo partire con lei e sua mamma.
E in effetti le cose sono andate così, ma con qualche piccolo dettaglio non proprio trascurabile… io e mamma siamo partite in ritardo (come al solito direi), una valigia immensa e pesante almeno il doppio di me, senza passaporto e biglietto per Kiev. Mamma è corsa in macchina a prenderlo e non ha fatto in tempo a darmi i documenti che le porte del treno si sono chiuse tra di noi. Io sono partita, già spaventata a morte senza aver salutato la mia mamma e senza sapere quando l’avrei rivista.
Si, perchè in realtà io dovevo ancora fare l’audizione, quindi poteva essere che tornavo in Italia dopo 2 settimane come dopo 2 mesi.
Torniamo a noi, arrivata a Roma tutto ok, passati quei due giorni tutto ok, partiamo per Kiev e arriviamo in un posto grigio, decisamente più triste di Milano.
Io e Alice però eravamo entusiaste e ci destreggiavamo tra esercizi e spaccate per tornare in forma.
Passato qualche giorno di preparazione, mi chiamano per l’audizione, in una sala piccola, con un pianoforte enorme e due insegnanti iene pronte a divorarmi.
L’audizione va bene, mi prendono e inizia ufficialmente il mio percorso di studi all’interno dell’Accademia Nazionale di Kiev.
I primi giorni sono stati belli tanto quanti spaesanti.
Io non conoscevo nessuno (se non Alice).
Le compagne di corso (e tutto il resto delle persone della città) non parlavano inglese, ad esclusione di Liz, ragazza israeliana trasferita con tutta la famiglia per inseguire il suo sogno.
Io e Liz diventiamo presto amiche: mi ha presentato tutta la sua famiglia, facevamo torte insieme e a volte, solo quando era concesso, mi veniva a prendere al dormitorio con suo padre per uscire e andare a fare un po’ di shopping.
La mia insegnante era tanto stronza quanto dolce, graffiava le cosce con le unghie pur di farti capire che non dovevi neanche pensare di piegare la gamba durante un developpé, ma allo stesso tempo, comprava il dizionario di italiano per chiedermi come stesse il mio ginocchio (tendinite e roba varia).
Una volta, ha anche accennato ad un abbraccio, o forse la mancanza di cibo per mantenere la forma mi ha provocato questa visione…
Si, il cibo era un argomento delicato. Io sono di costituzione magra, ho un metabolismo davvero molto veloce ma a Kiev era un po’ diverso. La mensa offriva zuppe, carne (meglio non saperne l’origine) e barbabietole, io col cavolo che ogni giorno mi mangiavo quella roba, facevo le mie scorte di cibo in camera, composta da me, Alice (perennemente a dieta, dieta a base di tisane) e una ragazza cieca, Maria.
Maria dopo le 17 faceva lo sciopero della fame, perché dalle 17 in poi le calorie pesano il doppio sul corpo, quindi si può solo bere e non più mangiare.
Credo che chiunque in una situazione come questa inizi ad odiare anche solo in parte il cibo, o almeno così è stato per me. Mangiavo e mi sentivo in colpa, quindi mangiavo un po’ di meno e a volte un po’ di più, ma poi ci ripensavo e mi sentivo in colpa, era un circolo vizioso.
A metà ottobre torno a casa per il weekend, toccata e fuga.
N.B. Per la prima volta mia madre mi lascia andare a ballare.
Torno a Kiev e nel frattempo facevo già il countdown dei giorni restanti a Natale.
(Tra ottobre e dicembre succede una cosa molto divertente, ma ve la racconterò in un secondo momento).
Continuo con la mia entusiasmante vita destreggiandomi tra lezioni di classico, carattere e danze nazionali, fisioterapia al ginocchio, e “scuola”, finché una sera, bussa alla porta la signora che ci controllava nel dormitorio, una specie di badante.
Parla con Alice e gli dice che il mio babbo era all’ingresso ad aspettarmi: sorpresaaaa !!
Il motivo del suo arrivo è ancora il mio tallone d’Achille, non ancora sconfitto per poterlo condividerlo con voi.
Passiamo qualche giorno insieme e insieme torniamo a casa, festeggiamo il Natale e a causa della pessima partenza, dell’estraniamento da tutto il resto e del mio “punto debole” decido di non partire e restare a casa.
Si conclude così la mia esperienza ucraina e sono fermamente convinta, anche adesso, che sia stata un’esperienza super formativa, la rifarei 100000 volte.
Colgo l’occasione per dare un consiglio all’Asya di qualche anno fa:” Finisci ciò che ha iniziato, senza arrenderti, mai!”.